Le cellule
del tempo MEC rilevano i tempi delle esperienze
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 22 giugno 2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La memoria episodica richiede la codifica della struttura
temporale dell’esperienza e si basa sui circuiti del lobo temporale
mediale, inclusa la corteccia entorinale mediale (MEC, medial entorhinal cortex). Studi recenti hanno identificato cellule
codificanti il tempo dell’esperienza nella MEC, neuroni detti “MEC time cells”,
e lo scorso 10 febbraio abbiamo presentato uno studio di John B.
Issa e colleghi, che ha identificato nella regione entorinale laterale sub-popolazioni
che codificano un valore di senso relativo al tempo[1]. Le MEC time cells scaricano in corrispondenza
di specifici momenti durante gli intervalli in compiti temporizzati, componendo
nel loro insieme l’intero periodo di temporizzazione.
È stato ipotizzato che le MEC time cells forniscano informazioni
temporali necessarie per le memorie episodiche, ma fino ad oggi non si era
compreso se queste popolazioni neuroniche presentano le dinamiche di
apprendimento richieste per codificare differenti contesti temporali.
Erin R. Bigus e colleghi hanno esplorato e
indagato la possibile presenza nelle MEC time cells delle dinamiche di
apprendimento necessarie alla codifica di differenti contesti temporali
di collocazione delle esperienze episodiche. I risultati dello studio sono di
sicuro interesse.
(Bigus
E. R. et al., Medial entorhinal
cortex mediates learning of
context-dependent interval
timing behavior. Nature
Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-023-01683-7, 2024).
La provenienza
degli autori è la seguente: Interdepartmental PHD Program
in Neuroscience, University of Utah, Salt Lake City, UT (USA); Department of Neurobiology University of Utah, Salt Lake City, UT (USA).
Forniamo
alcuni spunti di neurofisiologia dei sistemi entorinali in rapporto con quelli
ippocampali, per consentire al lettore di collocare lo studio qui recensito nel
più ampio quadro di questo campo di studi[2].
L’intuizione
dell’esistenza nel cervello di una mappa cognitiva dell’ambiente da parte di
Edward Tolman è citata da Siegelbaum, Kandel e vari altri
autori, quale primo antecedente documentato dell’ipotesi di lavoro che portò
nel 1971 John O’Keefe e John Dostrovsky a scoprire
nell’ippocampo di ratto una speciale mappa cognitiva dello spazio vissuto
dall’animale.
Grazie
al lavoro di John O’Keefe, oggi possiamo dire che la familiarità di un animale
con un particolare ambiente è rappresentata nell’ippocampo da uno speciale
schema di attività nelle regioni CA3 e CA1 di una popolazione di neuroni piramidali
detti cellule di luogo o place cells. Ciascuna di queste cellule
si attiva quando un animale entra nella zona di spazio corrispondente all’area
di competenza della cellula, il “campo
di luogo” o place field.
Quando un animale entra in un nuovo ambiente, nel giro di pochi minuti si
formano nel suo ippocampo nuovi campi di
luogo, che rimangono stabili per settimane o mesi. Per queste proprietà, se
si registra l’attività elettrica di un numero adeguato di place cells, è possibile ricavarne l’informazione relativa a dove
si trovi esattamente l’animale in quel momento. In tal modo si ritiene che
l’ippocampo costituisca una mappa dinamica dello spazio circostante. La dimostrazione
da parte di O’Keefe della funzione delle cellule
di luogo ha fornito la prima evidenza di una rappresentazione cerebrale
dell’ambiente che consente all’animale un’agevole ed efficace traduzione delle
intenzioni locomotorie in atti appropriati alle caratteristiche dello spazio. Questa
mappa cognitiva non è organizzata
secondo un criterio anatomico topografico o egocentrico, come la somatotopica del tatto sulla superficie della
corteccia cerebrale, ma è una rappresentazione che si può definire allocentrica, essendo fissata ogni volta
rispetto ad un punto del mondo esterno. In altri termini, è una rappresentazione
dello spazio-ambiente relativa al punto in cui si trova l’animale.
La
mappa cognitiva ippocampale dello spazio rappresentata nelle cellule di luogo, nei trent’anni
seguenti, ha ottenuto numerose conferme sperimentali ma, sebbene la sua
esistenza fosse diventata una nozione consolidata nella didattica, rimaneva un
mistero come facesse questa popolazione cellulare a conoscere le informazioni
spaziali necessarie alla sua funzione. In altri termini, non si riusciva a
capire in che modo la mappa si costituisse, quale tipo di informazioni spaziali
e in quale modo giungessero a queste regioni dell’ippocampo.
Nonostante
l’impegno di molti ricercatori, si continuò a brancolare nel buio fino al 2005,
quando Edvard I. Moser, May-Britt Moser e colleghi
accesero una luce straordinaria con la scoperta di un nuovo sistema cellulare organizzato
come una griglia che mappa lo spazio
nella corteccia entorinale mediale secondo un criterio del tutto diverso[3]. I neuroni scoperti dai coniugi
Moser, detti cellule griglia
o grid cells, compongono con i loro assoni la via perforante diretta all’ippocampo, e,
a differenza delle cellule di luogo ippocampali
che si attivano solo quando l’animale è in una singola e specifica
localizzazione, scaricano ogniqualvolta l’animale è in una di varie posizioni
regolarmente spaziate a formare una griglia
o grata a maglie esagonali.
Questa grata consente al cervello di
localizzare il corpo cui appartiene all’interno di un sistema di coordinate
cartesiane proiettate sul suolo dell’ambiente circostante, ma indipendenti dal
contesto, da elementi distintivi di un territorio o contrassegni caratterizzanti
un luogo[4].
Le
informazioni spaziali codificate dalle grid cells, secondo
il criterio della griglia nella corteccia entorinale mediale, sono poi
convogliate all’ippocampo dove sono elaborate nella chiave di singole
rappresentazioni spaziali corrispondenti all’attivazione delle cellule di luogo.
Un
filone recente e affascinante di indagini è quello che, con numerosi lavori, ha
affrontato il problema dei rapporti fra la struttura funzionale delle mappe
spaziali ippocampali e le basi neurali della memoria esplicita o dichiarativa[5].
Ritorniamo ora
allo studio di Erin R. Bigus e colleghi qui recensito.
Bigus et al., per verificare se le MEC time cells presentano le dinamiche di apprendimento
necessarie per codificare contesti temporali diversi, hanno elaborato un nuovo
paradigma comportamentale che richiede la distinzione di contesti temporali da
parte dei topi. Adottando metodi di imaging del Ca2+ a
risoluzione cellulare, i ricercatori hanno rilevato che le MEC time cells
presentano attività neuronica dipendente dal contesto che emerge con l’apprendimento
del compito. Mediante inattivazione chemogenetica, Bigus
e colleghi hanno accertato che l’attività delle MEC time cells è
necessaria per l’apprendimento del comportamento di intervallo temporale
dipendente dal contesto.
I ricercatori hanno poi rilevato evidenze di un meccanismo di circuito
comune che potrebbe guidare l’attività sequenziale sia delle cellule
del tempo sia dei neuroni codificanti selettivamente lo spazio nella MEC.
Nel complesso, i risultati di questa sperimentazione, per il cui
dettaglio si rinvia al testo integrale dell’articolo originale, suggeriscono
che l’attivazione clock-like delle MEC time cells può essere
modulata dall’apprendimento, in tal modo consentendo il tracciamento delle
varie strutture temporali che emergono dall’esperienza.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-22 giugno 2024
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata
presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio
2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale
non-profit.
[1] Note e Notizie 10-02-24 Neuroni entorinali codificano un valore di senso relativo
al tempo.
[2] Le nozioni qui proposte in
estrema sintesi sono tratte da Note e
Notizie 28-11-15 Una lezione sulla memoria dai coniugi Moser insigniti del
Nobel nel 2014.
[3] V. Note e Notizie 24-06-06 Neuroni entorinali aiutano ad esplorare
l’ambiente; Note e Notizie 06-10-07
Griglia esagonale e ippocampo (riporta in calce l’indicazione bibliografica
per esteso dei due lavori che hanno comunicato la scoperta da parte dei Moser, oltre
al riferimento al volume classico di introduzione all’argomento). Numerose
altre recensioni si trovano scorrendo l’elenco delle “NOTE E NOTIZIE”
(dall’11-03-2003 al 10-07-2010 sono rubricate come “ARCHIVIO NOTE E NOTIZIE”
cui si accede dal fondo della pagina “NOTE E NOTIZIE”).
[4] Gli studi sulle grid cells sono proseguiti ed è stato
dimostrato che la loro attività richiede il segnale neuroni che indicano la
posizione della testa dell’animale, o cellule HD (head direction cells). In proposito si
raccomanda la lettura della recensione della professoressa Richmond: Note e Notizie 14-02-15 Le cellule griglia
hanno bisogno del segnale delle cellule HD.
[5] La memoria esplicita è
costituita dalla memoria episodica e dalla memoria semantica.